Nel 2012 Pino Daniele mi chiamò per il lancio del suo ultimo album di inediti, “La Grande Madre”.
Quando un grande artista ti permette di sentire in anteprima e nell’intimità del proprio studio le nuove canzoni del prossimo lavoro, per un attimo capita di vivere una commistione tra brivido nella schiena e labirintite, un disagio mischiato a godimento difficile da descrivere.
“La Grande Madre” era un disco al quale Pino teneva parecchio, ma non tutti i dinosauri della musica accolsero con entusiasmo le evoluzioni del mercato legate alla tecnologia e allo strapotere della rete.
Pino, che è stato uno dei più grandi, quando lo vedevi sembrava sempre volesse ripeterti all’infinito quel passaggio di “Je so pazzo” in cui dice “nun ci scassat ‘o cazz!”.
L’ultima volta che ci siamo visti fu paradossalmente in occasione della sua performance alla commemorazione di Lucio Dalla, trasmessa in diretta su Rai Uno da Bologna.
Eravamo in auto assieme e alla radio davano Cocaine.
Mi disse: “Non esiste niente di meglio al mondo che la chitarra di Claptòn!”. Poi, dopo pochi secondi, si riaccostò con la bocca al mio orecchio e aggiunse: “Scherzavo… so meje e femmene”.
A cura di
Marco Stanzani
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