Spotify è il nuovo corano, i singoli ora si chiamano focus song e non durano in radio più di un mese.
I nostri account sono presi d’assalto da centinaia di mail che ci chiedono una valanga di cose.
Ecco cinque tra le domande più ricorrenti:
- È vero che se voglio scrivere una hit, devo partire subito col ritornello?
Le radio sostengono che nei primi 30 secondi l’utente deciderà se proseguire l’ascolto o cambiare emittente. Se consideriamo che solo dopo i primi 30 secondi di ascolto della tua canzone su Spotify scatta il diritto alla monetizzazione a tuo favore di euro 0,07, ecco spiegato perché in generale ti conviene venire subito al dunque. Ai tempi dei tempi c’erano canzoni meravigliose di Elton John il cui inciso arrivava dopo due o tre minuti di strofe, ponti ed introduzioni. Ora se vuoi scrivere hit, temo tu debba rifarti a cose tipo VAMOS A LA PLAYA dei Righeira che te la cantavano subito e senza tanti fronzoli.
- Qual è la durata massima di vita di un brano in radio?
Ogni settimana pervengono ai curatori musicali delle radio italiane, monitorate e non, circa 100 card digitali. Tra queste dovranno scegliere i nuovi 3-4 brani da inserire nella programmazione. Considerato il vortice all’interno del quale siamo entrati senza alcuna via di uscita, con release di nuovi brani dello stesso artista ogni 35-40 gg, ecco che risulta facile comprendere quanto si possa considerare un successo se una canzone permane in airplay per più di un mese.
- Perché le radio passano più o meno tutte le stesse canzoni ?
Grazie all’avvento delle piattaforme di streaming legale ora è possibile ascoltare le canzoni che amiamo in qualsiasi momento della giornata senza sperare di poterle intercettare alla radio. Le emittenti questo lo sanno ed hanno capito che possono sbaragliare la concorrenza solo coi contenuti speakerati supportati da un segnale audio che sia perfettamente ricevibile “in ogni luogo ed in ogni lago”. A questo punto la musica, che era la componente principale nella programmazione radiofonica fino a circa metà degli anni 10, ha assunto un ruolo solo di collante col compito di far dissuadere l’ascoltatore a cambiare canale in attesa che si riapra il microfono. E’ una regata nella quale in cui nessuno decide di strambare alla ricerca di migliore fortuna su un’altra rotta, ma si persegue la stessa traccia musicale confidando in una maggiore appetibilità dei propri programmi rispetto a quelli dei competitor.
- È davvero necessario abbinare sempre un video ad un singolo proposto alle radio?
Con l’avvento della pandemia il fenomeno della “radio-visione” ha avuto una decisa impennata. Nel primo semestre del 2021 le persone che seguono la radio alla tv sono aumentate del 4,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Se allarghiamo l’orizzonte, gli italiani che guardano anche saltuariamente la radio in tv superano gli 11 milioni e questa modalità di fruizione è stata “scoperta” da ben 5 milioni di persone nell’ultimo anno e mezzo. I direttori delle radio questo lo sanno ed è per questo che al momento della valutazione per un insert in programmazione di un nuovo brano, il fatto che sia supportato da un video aggiunge sicuramente probabilità di successo alla canzone stessa candidata.
- Come faccio a produrre così tanti video se devo rilasciare un nuovo brano ogni 30-40 giorni?
Negli anni 90 il video doveva necessariamente essere in pellicola e, se Mtv o Video Music non lo inserivano in programmazione, potevi metterti il cuore in pace e l’ipotesi di avere buttato dal balcone almeno 8-10 milioni di lire diventava tristemente una certezza. Ora la caratteristica della pellicola non è più richiesta e considerando che anche i nostri smart-phone hanno risoluzioni davvero competitive, ecco che produrre video è diventato relativamente più semplice, certamente più a buon mercato. Quel genio di Prince nel 1987 con “Sign of the Times” aprì per primo la strada ad una soluzione che poteva apparire come la “scoperta dell’acqua calda”, ma che ancora una volta si dimostrò una idea rivoluzionaria: quella del lyric video.
Ciò che vale in qualsiasi epoca, è che a fare la differenza sono sempre e soltanto le idee.
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