O meglio, due riflessioni due sullo stato del pop al femminile.
La musica, come del resto l’arte in generale, è modellata dal clima culturale e dalle strutture delle società che la produce: l’industria musicale è pervasa da una coltre di misoginia, discriminazioni sull’età, grassofobia, razzismo e abilismo (con varie forme di discriminazione). Avete mai pensato a quanto invece la POP STAR incarni la rappresentazione femminile capace di accontentare tutte le strutture patriarcali della società in cui si vive? La POP STAR, nella maggior parte dei casi (sppure non tutti) è giovane, bella, magra. Ma ciò che definisce maggiormente la sua personalità è la sua insistente flessibilità a modificare l’apparenza.
Sapete quando ho iniziato ad accorgermi di questa stato? Alla fine degli anni 90 Britney Spears esplose cantando un pezzo in cui ammetteva di non sentirsi più ragazza, ma nemmeno già donna. Si sentiva “presa in mezzo”, ossia come ammetteva lei stessa, bloccata tra una fase e l’altra dell’esistenza. Britney sapeva bene che il suo destino era quello di diventare donna, ma si scopriva incerta col perenne dubbio su quale identità possibile assumere nella prossima fase.
Quello che mi arriva ora con Taylor Swift è la stessa cosa che avvertivo con Britney 20-25 anni fa. Quasi tutte le POP STAR cambiano estetica da un disco all’altro (ho detto disco? Ma che mi ha preso?), passando attraverso stili apparentemente in contraddizione l’uno con l’altro. In un album le troviamo angeliche e magari in quello successivo le scopriamo in copertina con posture sexy, per poi riprendere a parlare di amori finiti, di voler ripartire da sé stesse e così via.
Questa successione di estetica ricalca più una questione editoriale che non un apparente percorso esistenziale al punto che, a dispetto degli anni, le POP STAR restano sempre giovani, perché loro non possono evolvere in nulla se non in loro stesse. Ma badate bene: né ragazze né donne.
Sappiamo che l’adolescenza è la fase della vita in cui ci si prepara a diventare adulti attraverso sperimentazioni estetiche e di identità, ma le POP STAR al contrario sembrano incapaci di determinarsi con una identità che rimpiazzi quella precedente. Quella che avviene tra un disco e l’altro (e ci risiamo) è soltanto una reinvenzione di sé, un processo privo di un qualsiasi nesso causale. Le POP STAR sono dunque ragazze perennemente adolescenti in attesa del prossimo passo, e questo a prescindere da quanti anni esse abbiano. E il bello è che questa identità precaria, viene continuamente prorogata all’infinito, con la possibilità di trasformarsi continuamente.
Ogni secondo è solo una anticipazione del prossimo, fino al punto in cui questa temporaneità diventa parte strutturale dell’identità di POP STAR.
Avete visto? TAYLOR SWIFT ha festeggiato i suoi 17 anni di carriera con uno show in grande stile intitolato “The Eras Tour” in cui ha rivisitato tutti i suoi dischi. Ogni album rappresenta un’era a sé che ci suggerisce un atto conclusivo e riconoscile dalla differente estetica a cui sono connessi valori e qualità precisi. Ma c’è un percorso che lega tutti questi diversi momenti in un unico movimento o si tratta soltanto di variazioni sul tema? L’autenticità dei sentimenti dichiarati da Taylor Swift (che per alto è autrice di tutti i suoi testi) ed il rapporto tra le canzoni che canta e la sua stessa vita privata, assicurano alle ragazzine di oggi che quello a cui stiamo assistendo nel tempo, è il racconto di una storia e dunque di una crescita.
Eppure 17 anni dopo il suo debutto, la Swift è ancora dannatamente giovane.
Perché le POP STAR ho capito che non invecchiano né si evolvono.
Semplicemente iniziano, continuano e a un certo … puff …. finiscono.
Tutto qui.