IS SILENCE THE REAL SOUND?

Febbraio 27, 2025

E’ di ieri la notizia che Damon Albarn, Kate Bush e Annie Lennox hanno pubblicato un disco totalmente silenzioso intitolato “E’ questo quello che vogliamo?”.

Il disco è stato infatti pubblicato per protestare contro una proposta del governo britannico per modificare la legge sul copyright, che permetterebbe alle aziende che producono modelli di intelligenza artificiale (AI) di allenarli utilizzando opere protette da copyright, a meno che i loro autori non lo vietino esplicitamente.

E mi è venuto in mente quanto l’assenza di suono abbia cambiato il canone occidentale e sia diventata a suo modo pur essa un grande affare.

“Man mano che diminuisce il prestigio del linguaggio, ecco che aumenta quello del silenzio”. Questo ovviamente non lo ho detto io, ma nel 1969 lo scriveva Susan Sonstag nel saggio “Estetica del silenzio”. Secondo lei le immagini e le parole distribuite globalmente tramite un telefono o un jet, diceva lei a quel tempo, (oppure attraverso internet diremmo noi ora), generano una cacofonia nella quale la distinzione tra segnale e rumore diventa sempre meno rilevante, al punto da spingere gli artisti al mutismo.

Oltre al rumore delle auto nel traffico cittadino si è aggiunto quello generato dalla cascata di informazioni sonore che inquinano il nostro paesaggio acustico, compresi i famigerati social come per esempio TikTok, dove prima si parla e poi caso mai si chiede il permesso di farlo.

Di fronte a tutto ciò il silenzio pare una via di fuga inevitabile, anzi credo che lo possa ritenere quasi un lusso.

Leggevo che il Global Wellness Institute da cinque anni considera il silenzio come primo trend assoluto della multimiliardaria economia del wellness.

“A me il silenzio piaceva quanto le chiacchiere” diceva Dioniso ne Le Rane di Aristofane.

Avrete certamente sentito parlare “4’33” di John Cage. Nel 1952 Cage compose 4’33” in tre movimenti “per qualunque strumento musicale o ensemble”. Il primo movimento era di 30 secondi, il secondo di 2 minuti e 23 secondi. Il terzo era di un minuto e 40 secondi. Il tutto in totale silenzio. La performance venne eseguita anche da David Tudor a Woodstock ed il pubblico assistette in religioso silenzio in mezzo al fango del più importante concerto di sempre.

Cage era sempre stato attratto dal silenzio, e alcuni anni prima aveva già espresso la sua intenzione di realizzare una composizione totalmente muta, magari realizzandola negli spazi della Muzak, la società che all’epoca era responsabile della musica di sottofondo negli spazi pubblici come negozi o ascensori.

Ora magari vi verrà in mente anche “The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel, ma in realtà la loro sperimentazione sul “nulla sonoro” avvenne nella canzone OVERS dove sul finale ci furono molti secondi di assoluto silenzio che per l’epoca era qualcosa di assolutamente inaspettato ed innovativo.

Guardando il Festival quest’anno mi è tornata in mente la sera del 27 febbraio 1992 in cui gli Aeroplani Italiani di @alessiobertallot @robertovernetti e @riccardorinaldi eseguirono a Sanremo “Zitti zitti (il silenzio è d’oro)”. A un certo punto la canzone si stoppò e tutta la band rimase immobile per 30 secondi nello stupore generale.

Scriveva al periodo Gino Castaldo su Repubblica: “Ieri sera tutto il nostro tifo, in mancanza di eroi attendibili, è andato agli Aeroplani Italiani, unico vero guizzo musicale della sconsolante serata …. La loro pausa di silenzio vale questo festival, in una pesante e molto espressiva manciata di secondi silenziosi la cui tensione ha detto più di tante parole”.

Ma perché dunque, in mezzo a tutte queste reunion inutili, in mezzo a tutto questo chiasso, non vi riunite nuovamente anche voi, Aeroplani Italiani.

E casomai ve ne tornate pure a Sanremo.

Magari sarebbero anche solo 30 secondi, ma sai che benessere?

Seguici su