Nella speciale classifica delle persone sottoposte ad uno stato di sorveglianza armata, tutti sanno che c’è il curatore musicale di Spotify: Andrea Favale.
Nella speciale classifica delle persone sottoposte ad uno stato di rigorosa sorveglianza armata, tutti sanno che, dopo Roberto Saviano, al secondo posto c’è il curatore musicale di Spotify: Andrea Favale.
Sul serio eh!
Io per esempio la settimana scorsa gli ho inviato una richiesta di amicizia su Facebook, ma lui non solo non ha raccolto il mio invito, ma mi sono persino ritrovato una copia di un album dei TheGiornalisti insanguinata sullo stuoino di casa.
Che sia stato un avvertimento?
Che il prode Andrea Favale sia diventato la figura più corteggiata nel variopinto mondo della discografia in perenne evoluzione non è più un mistero, perché se è vero che una copia venduta corrisponde a circa 150 ascolti di una canzone, è altrettanto vero che ormai un inserimento di un brano nella playlist Indie Italia su Spotify vale molto di più di venti passaggi della stessa canzone su Radio Deejay, per fare un esempio.
Secondo fonti RIAA, lo streaming rappresenta il 75 per cento degli introiti della intera industria discografica e per questo i curatori musicali delle fantomatiche playlist sulle piattaforme di streaming, Spotify in testa, rappresentano coloro le cui decisioni determineranno i flussi della marea discografica.
E quindi?
E quindi ecco cinque cose che dovremo abituarci ad accettare in questo 2019:
– Morte definitiva del concetto di album.
– Costruzione e lancio di brani costruiti ad hoc per essere inseriti in una mood playlist durata massima di vita di un brano: due mesi.
– “Il tempo dei tormentoni” suggeriti dalla radio è finito.
– Progressivo deperimento delle piattaforme di downloading (12% del mercato). Anzi, chissà se iTunes arriverà a mangiare il panettone.
– La trap espanderà ulteriormente il suo successo in Italia, facciamocene una ragione.
Noi figli degli anni ’60 e ’70 una volta chiedevamo in prestito al nostro amico l’ultimo LP dei Led Zeppelin per registrare la mitica cassettina da bruciare e riavvitare a suon di ascolti e ascolti e ascolti. Se siete come me over fifty, fate finta di conteggiare gli ascolti della vostra TDK preferita. Dal numero degli ascolti della suddetta cassetta si determinerà il successo di un progetto discografico o meno. Che adesso è così che più o meno funziona.
Questo 2019 sarà come un meraviglioso paese dei balocchi dove Andrea Favale sarà il presidente del consiglio incaricato. I dentisti adotteranno l’apparecchio in ferro e diamanti di Sfera Ebbasta come dentiera necessaria per un corretto funzionamento durante la masticazione della amarezza che potrebbe accoglierci. Agli uffici postali gli anziani si presenteranno chiedendo il pagamento della pensione rappando e gli operatori ci risponderanno di là dal vetro con tanto di vocoder ed intonatori.
I nuovi idoli dei circuiti indie andranno a Sanremo, mentre i mostri sacri del pop tipo Vasco o il Liga, suoneranno in Santeria a Milano o al Bravo Café a Bologna davanti a centocinquanta persone.
Svaniranno i firmacopie e gli artisti incontreranno i fans e concederanno loro un selfie con dedica solo se gli stessi fans dimostreranno di avere ascoltato almeno 1500 volte la stessa canzone promossa.
I musicisti diventeranno giudici dei talent e i giudici del talent diventeranno musicisti. Tanto ormai che differenza fa?
Articolo scritto da Marco Stanzani