Artù: «Con ‘Vola Ale!’ ho riscoperto Rino Gaetano»
Un album con suoni anni Ottanta che vuole ripercorrere le sue origini musicali. Artù (all’anagrafe Alessio Dari) è un cantautore romano che non vuole fermarsi all’apparenza. Nei suoi brani affronta tematiche impegnative, e lo fa con il suo stile. Ironico e diretto.
Il suo nuovo album Vola Ale! è uscito lo scorso 25 maggio (Leave Music/Sony Music) e comprende una collaborazione particolare con Rino Gaetano. Il brano Ti Voglio (che ha anticipato l’uscita dell’album) era infatti un pezzo incompiuto del grande cantautore. Sul quale Artù ha lavorato con passione e rispetto. Lo abbiamo incontrato nella sede di Sony Music, proprio mentre gli sono state consegnate le prime copie fisiche del cd.
L’ultimo disco è stato due anni fa. Quando lo vedi, fisicamente, davanti a te, è un’emozione assurda. Non ti abitui mai a questa sensazione. Anche perché queste canzoni nascono in camera tua e solo a questo punto hai lla percezione che i tuoi pezzi diventano di tutti. Ho sempre un po’ il magone quando faccio il mix. È un po’ come cedere qualcosa di tuo. Come quando cresci un figlio, poi diventa grande e se ne va da casa. È un po’ così.
Chiarissimo. A proposito, come hai lavorato su questo disco? Di cosa parla?
Parlo di un percorso personale che ho fatto ultimamente. Mi viene difficile pensare che ci sia un politico (o un dio) che ti possa aiutare. Quando perdi questi punti di riferimento, non c’è più niente. La forza deve essere nell’essere umano. Stiamo andando verso un mondo dove sarà l’essere umano a salvare l’essere umano. L’opposto di Vola Ale! è la paura: è quando ci si tira indietro. Invece questo disco vuole essere un invito ad andare avanti. Andiamo verso un nuovo mondo!
Queste tematiche le colleghi alla politica? O alla vita in generale?
Io penso all’essere umano in generale. Secondo me oggi non ha più senso parlare di politica. Io posso aiutare te e tu puoi aiutare me. Ma chi c’è? Cosa rimane a noi? Rimane il fatto di stare qui nell’universo e voler stare bene insieme. E non è poco. Fare del bene pensando che c’è qualcuno che ti controlla, è una cosa. Ma voler bene perché è qualcosa che tu vuoi fare, è tutta un’altra cosa.
Quindi non è una visione pessimista…
Anzi. È l’altro atteggiamento (di chi fa del bene solo perché si sente obbligato a farlo) ad essere più pessimista. E anche più comodo.
Come sei arrivato a lavorare su un brano di Rino Gaetano?
Dopo il concerto del Primo Maggio dell’anno scorso, Anna Gaetano (sorella del cantautore, ndr) mi ha chiamato e mi ha detto: «Devo farti ascoltare una cosa». Io avevo già capito: avevo un po’ di paura. Mentre mi faceva il caffè, mi ha detto: «Ho un pezzo di Rino che non è finito, ti andrebbe di completarlo e cantarlo?». Io sono stato in silenzio per cinque minuti e poi ho risposto subito di sì. Quando sono tornato a casa, mi sono sentito una grande responsabilità addosso.
Nei confronti di Anna, di Rino, dei suoi fan. Ma in realtà è andata subito molto bene. Mettere le mani su un pezzo di Rino non è stato facile. Dopo un po’ di tempo sono andato in cucina da Anna con la chitarra, le ho fatto sentire le canzone. Lei non mi ha detto niente ma ci siamo dati un abbraccio stretto stretto.
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