COME SIAMO MESSI AL RIENTRO?

Settembre 5, 2024

Io sto a pezzi da fine agosto, ma ci ho messo un po’ a capire la fonte del mio disagio.

Ho passato l’estate a leggere e a tentare di informarmi su pro e contro legati alla famigerata AI (leggasi INTELLIGENZA ARTIFICIALE) ed il risultato prodotto è uno stato d’animo di totale panico nei confronti di quel che sarà o potrà essere di noi.

Mi spiego meglio.

Nel panorama contemporaneo dove le tecnologie avanzate influenzano ogni aspetto della nostra vita, l’emergere dei “deepfake” (ovvero le foto o i video o le canzoni generati da Intelligenza Artificiale) mi sono convinto rappresenti una minaccia crescente. Esistono sofisticati algoritmi creati per manipolare immagini e suoni e creare contenuti che sfido chiunque a capire quanto siano fake o reali.

Il fatto è che questa capacità di simulare la realtà con questa totale precisione, mi porta a sollevare seri interrogativi sull’affidabilità delle informazioni con le quali ci nutriamo ogni giorno.

In un’epoca in cui la disinformazione alimenta una preoccupazione crescente, questi maledetti “deepfake” amplificano all’ennesima potenza il problema, contribuendo alla creazione crescente di quel che ho sentito etichettare come “inquinamento cognitivo”. L’inquinamento cognitivo equivale in linea di massima a quello ambientale perché proprio come l’aria intrisa di sostanze tossiche che ci può capire esser costretti a respirare in ogni momento della giornata, alla stessa maniera anche la nostra mente può restare intossicata da informazioni false e fuorvianti.

I deepfake non solo ingannano gli occhi e le orecchie, ma influenzano anche il nostro pensiero critico e la nostra capacità di discernere la verità dalla menzogna.

Lo capite quanto questo inquinamento possa avere conseguenze devastanti, minando la fiducia nelle istituzioni, nelle persone, nei media?

Prendiamo per esempio la politica ed immaginate un video manipolato che mostra un leader mondiale che rilascia dichiarazioni incriminanti o che compie azioni scandalose. Anche se ci si affrettasse a smentire il video, non pensate anche voi che ormai la frittata sarebbe fatta? L’opinione pubblica potrebbe essere irrevocabilmente influenzata e la fiducia verso le fonti di informazione ulteriormente erosa.

E se valutiamo i contesti personali o professionali la cosa si fa ancora più minacciosa: pensate per esempio alla creazione di video pornografici falsi con protagonisti ignari semplici cittadini o alla manipolazione di registrazioni audio create ad hoc per incriminare falsamente qualcuno.

Si tratterebbe di atti che violerebbero pesantemente la privacy delle persone, distruggendo reputazioni o carriere nel giro di pochi minuti.

Per contrastare “l’inquinamento cognitivo” causato dai deepfake si rende necessario un approccio multiprospettico che agevoli lo sviluppo e implementi tecnologie in grado di rilevare contenuti manipolati.

So che un esercito di ricercatori sta già lavorando su algoritmi di rilevamento, ma la sfida sarà mantenere il passo con la rapidità con cui evolvono le tecniche di creazione dei deepfake.

Speriamo che arrivi presto un intervento normativo, magari con campagne di sensibilizzazione pubblica per informare tutti dei rischi legati all’utilizzo di deepfake e sulla importanza del verificare le fonti di informazione.

Non possiamo lasciare che pochi condizionino il pensiero di tutti, ma dobbiamo fare in modo che tutti partecipino all’elaborazione del pensiero.

La risposta è scritta.

Dipende da noi.

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