Generalmente quando mi prendo due ore per la corsa del week end, preferisco “non doparmi” di musica per non distrarmi dai rumori ambientali che mi circondano e per poter sentire meglio le risposte di ogni angolo del corpo che, con l’avanzare dell’età, reagisce ogni giorno diversamente alle sollecitazioni della corsa stessa.
Lo scorso week end invece ho preferito regalarmi un sano paio di cuffiette per accompagnare la mia salita di corsa al Santuario di San Luca. Ed è stato lì che ho capito una volta di più quanto la musica sia molto più di un’arte o un intrattenimento. Non ce n’è, la musica è una forza che unisce, emoziona e coinvolge.
Ma qual è il segreto del suo impatto universale? Credo di aver capito quanto la musica trovi la sua essenza nell’immersione personale. Io stesso, mentre correvo, ho viaggiato nei ricordi all’ascolto di alcuni brani, ma è altrettanto vero che quando vivi momenti così coinvolgenti da un punto di vista emotivo, ciò che sentiresti necessario si traduce nel bisogno della condivisione collettiva o quantomeno insieme a chi ami. Mi sono convinto perciò che è attraverso queste due dimensioni che la musica diventa un linguaggio universale e senza confini: l’immersione e la condivisione.
Immersione è perdersi nel suono.
L’immersione rappresenta il momento in cui la musica ci cattura e ci trasporta in un altro mondo. Anni fa lessi “Musicofilia, racconti tra la musica e il cervello” di Oliver Sacks, e mi ricordo quanto questo libro descrivesse il potere della musica come un’esperienza immersiva totale: “La musica tocca direttamente il cervello emozionale, bypassando il linguaggio e accedendo ai ricordi e alle sensazioni più profonde.” La musica, secondo Sacks, è in grado di portarci in uno spazio mentale dove il tempo sembra fermarsi e le emozioni si amplificano.
Condivisione, ovvero la Musica come collante sociale
Se l’immersione è il viaggio individuale nella musica, la condivisione è la destinazione collettiva. La musica ha da sempre rappresentato un mezzo per unire le persone, da una canzone cantata intorno a un fuoco ai grandi concerti che radunano migliaia di fan. La musica non esiste come arte isolata, ma come atto sociale che crea relazioni tra gli individui (questo lo diceva Christopher Small, non certo io)
Le piattaforme digitali di oggi, da Spotify ai social network, hanno rivoluzionato la condivisione musicale. Creare playlist da condividere, partecipare a community online e vivere eventi musicali in streaming sono modi moderni per coltivare il senso di appartenenza attraverso la musica. Questi strumenti dimostrano che il piacere musicale non si esaurisce nell’ascolto, ma si rafforza nel momento in cui è condiviso con altri.
Il Ponte tra Individuale e Collettivo
L’equilibrio tra immersione e condivisione è ciò che rende la musica un’esperienza unica. Da un lato, ci consente di esplorare le nostre emozioni più profonde; dall’altro, ci mette in connessione con qualcosa di più grande. Proprio quel genio di Brian Eno, descrisse questo concetto: “La musica è un’arte che non solo ci immerge, ma ci proietta nel futuro, verso un mondo che vogliamo condividere con gli altri.”
I concerti dal vivo, per esempio, rappresentano perfettamente questa dualità. Durante un’esibizione, ogni spettatore vive un viaggio personale nelle emozioni suscitate dalla musica, mentre allo stesso tempo si sente parte di una comunità più grande, unita da un’energia condivisa.
Il segreto della musica, dunque, risiede nella sua capacità di bilanciare l’immersione individuale con la condivisione collettiva. La musica ci permette di perderci dentro di noi e, al contempo, di ritrovarci negli altri.
Tranne quando capiti ad una Karaoke Night senza saperlo.
Ecco quello è un momento in cui il “Mantello dell’invisibilità” di Harry Potter mi tornerebbe tanto tanto tanto utile.