Perché se vi dicessi che mi immaginavo un podio così, vi mentirei spudoratamente. Come mai in una competizione riservata a pochi autori, alla fine hanno trionfato tre cantautori? Tre artisti che, con tutte le differenze che li separano, hanno portato in gara canzoni composte con i collaboratori di una vita e non con i professionisti più richiesti dall’industria?
E mi sono chiesto: vuoi vedere che il pubblico si è stancato di un mercato musicale che replica sé stesso, e ha risposto con entusiasmo a qualcosa di diverso?
Mi ricordo l’anno in cui Mahmood atterrò sul pianeta Ariston, passando per le selezioni dei giovani, e vinse con SOLDI
Non mi ricordo bene l’anno esatto, ma considero nella mia labile memoria proprio quello come il Festival spartiacque al quale seguirono 5 anni in cui le case discografiche modificarono sensibilmente il loro approccio e Sanremo passò da uno status di vetrina passiva a quello di dinamica strategia di marketing.
Gli anni di Amadeus ci avevano portato verso un mondo carico di Kolors, Elodie, Annalise, ma ora chissà se con questo Festival appena concluso potremo ritenere conclusa “la festa”.
Appena è partito il Sanremo contiano mi è sembrato immediatamente si stesse tornando ad una Festival “di baudiana memoria”, con questa riesumazione delle Nuove Proposte, con questo preciso equilibrio tra novità e familiarità e l’estrema semplicità delle canzoni proposte che mi pareva costituissero più di una prova. Che diciamocelo, sarò pure io ad essere anziano, ma nella novità di Lucio Corsi io non ci ho trovato certamente il “nuovo che avanza”, anzi. Ci ho visto piuttosto riferimenti a tematiche già presenti in canzoni della fine degli anni 70 che, per stessa ammissione del nostro eroe, ne sono sempre stata fonte di ispirazione. E tra l’altro pure il brano di Brunori mi pare sia stato accostato da molti a RIMMEL di De Gregori.
Ma per carità, non voglio abbassarmi a questo scadente tranello sull’originalità dei brani.
La canzone di Lucio Corsi mi pare perfetta per la sua funzionalità al racconto.
E’ il normale che aspira ad essere favoloso imparando ad essere se stessi senza imitare modelli eroici distanti anni luce.
Nella sua normalità la sua canzone è una piccola gemma che se ci pensate ha rappresentato la morale di questo Sanremo appena concluso.
Lucio Corsi ha trionfato non perché il suo brano fosse completamente originale, ma perché tutto quello che ha portato sul palco ha contribuito a raccontare la sua storia e quella della canzone.
Tutt’altra storia quel che è accaduto nelle posizioni più basse della classifica dove a trionfare sono state produzioni dance oriented senza alcuna soluzione stilistica o di messaggio.
Nessuna restaurazione. Solo consolidamento.
Quest’anno troppi artisti hanno presentato canzoni perfettamente in linea con i trend dell’anno passato, e si è sentito.
Per carità: copiare stili in voga non è un peccato mortale, però lasciatemi dire: che noia!
Ma per fortuna questo Sanremo ha dimostrato che servono i pezzi e forse nelle bolle creative della discografia probabilmente non penetra abbastanza musica che possa nutrire quella che io chiamo la “cultura del gusto”.
Altrimenti come si spiegherebbe il fatto che quei 3-4 autori che hanno firmato almeno 15-16 canzoni del Festival, non si sono piazzati in una delle prime cinque posizioni?
Vuoi vedere che a furia di ricorrere alle stesse formule e agli stessi cliché, la pazienza del pubblico si è esaurita?
Anni fa avevo letto “The Song Machine”, il libro di Seabrook, e ricordo perfettamente quella citazione sulla legge non scritta della radiofonia: a ciascun periodo di grande diffusione del pop formulare segue una fase inevitabile di rifiuto che fa emergere soluzioni estreme.
E allora chissà se anche la radio deciderà di riammettere nelle sue programmazioni certe soluzioni cantautorali che da anni i programmatori allontanano con lo stesso gesto col quale Padre Lankaster fronteggiava Regan Mc Neal, la bambina posseduta ne L’esorcista.
Bah secondo me tra 10 gg “L’albero delle noci” di Brunori sarà solo un ricordo, mentre CUORICINI CUORICINI … Sigh.