A partire dal 2024 Spotify non verserà più alcuna royalty ad artisti che non raggiungano una certa soglia di streaming di almeno 1000 ascolti in un anno.
L’intento della piattaforma è di premiare i professionisti, ma il risultato potrebbe affossare definitivamente chi fatica a emergere.
Questa decisione ha infatti raccolto pareri contrastanti: da una parte c’è chi ha accolto con favore il cambiamento mentre molti musicisti hanno accusato Spotify di attivare cambiamenti che arricchiranno ancora di più la cima della piramide rendendo impossibile per i musicisti che lavorano beneficiare dello streaming.
Come già saprete, il dato attuale recita quanto segue: solo il 10% degli artisti registrati su Spotify totalizza il 90% degli stream globali. Ne consegue che tutti gli artisti restanti, e cioè il 90 per cento degli iscritti, raggiunge solo il 10 per cento degli ascolti rimanenti.
Da un po’ di tempo voci di corridoio ci annunciavano un cambiamento nella corresponsione dei diritti maturati, ma ora è confermato. Spotify introdurrà alcuni importanti cambiamenti al suo modello di pagamento delle royalties, uno dei quali è probabilmente e il più significativo (ma anche controverso) nella storia della piattaforma.
Se da una parte occorre ricordare quanto lo streaming abbia permesso all’industria di ritrovare un po’ di salute dopo l’avvio di inizio millennio a causa di una pirateria imperante, bisogna altresì riconoscere quanto a risultare i più danneggiati siano stati proprio gli artisti, che dalla vendita dei loro cd non avevano mai guadagnato così poco.
Ricordiamo che un milione di streaming (riprodotti per più di 30 secondi su spotify) equivalgono all’incirca a 2500 euro corrisposti. Poi la ridistribuzione tra le parti, ovvero tra artista, produttore e casa discografica dipende dal contratto stipulato, ma le cifre sono queste.
Seguendo la linea disegnata da Deezer con Universal e denominata “artist centric” (che ha lo scopo di rimettere l’artista al centro dell’industria), Spotify ha annunciato le novità riguardanti proprio il limite fissato affinché un brano possa iniziare a generare ricavi: questo limite sarà di 1000 stream all’anno. Così facendo tale soglia andrà a de-monetizzare un’ampia popolazione di canzoni che oggi generano meno di 5 centesimi al mese, allo scopo di distinguere gli artisti “professionisti” da tutti gli amatori o da coloro che fanno della musica soltanto un hobby attraverso il quale pubblicano sulle piattaforme di streaming legale “per gioco”.
Questa de-monetizzazione riguarderà oltre il 70 per cento della musica presente su Spotify (che equivale a circa lo 0,5% dei ricavi totali). Così facendo, tutte le royalties che in questo momento sono destinate a questa grande quantità di tracce non produttive, verranno dirottate nelle tasche di tutti gli aventi diritto che invece riescono a superare la nuova soglia stabilita dei 1000 stream annui.
Il rischio concreto è che la novità introdotta da Spotify vada a beneficiare quelle etichette con grandi budget a disposizione, andando a danneggiare gli artisti emergenti, indipendenti e tutti coloro che magari all’inizio ottengono pochi stream per mancanza di mezzi e possibilità. Il che si potrebbe tradurre in perdita delle pari opportunità in una situazione già di per sé sproporzionata tra i vari attori del mercato.
Ma le novità non finiscono qui: è infatti previsto nuovo modello di sanzioni per i distributori ed etichette coinvolte in attività fraudolente e di manipolazione degli stream. E poi pare si stata decisa la penalizzazione di tutti quei contenuti considerati “non musicali” e senza rilevanza artistica, come per esempio quelle tracce contenenti rumori di ambiente (pioggia, vento, ecc), o qualsiasi altro suono presente in catalogo che usiamo per rilassarci o addormentarci,
Questi stream verranno così ridistribuiti ai contenuti considerati invece musicali.
E voi come la pensate? Siete a favore oppure no?