MA PERCHE’ TUTTI VOGLIONO CANTARE?

Marzo 6, 2025

OGNI GIORNO VENGONO PUBBLICATE 120MILA CANZONI SULLE PIATTAFORME DI STREAMING.

Negli ultimi anni, sembra che il mondo abbia subito una mutazione genetica collettiva che ha risvegliato in ognuno di noi il desiderio di impugnare un microfono e salire su un palco. La domanda che sorge spontanea è: ma perché tutti vogliono cantare? È un’epidemia, una moda o una reazione ai tempi che viviamo?

Un Artista non si sente nessuno senza un LIKE!

In un’epoca in cui ogni aspetto della nostra vita viene vissuto sotto i riflettori dei social media, cantare è diventato l’equivalente di mostrare il tuo piatto di avocado toast. È un’esibizione costante di sé stessi. Vuoi sentirti speciale? Pubblica un video su TikTok in cui intoni con cuore (o auto-tune) un pezzo strappalacrime e goditi la pioggia di cuoricini virtuali. Perché, come diceva Andy Warhol: “Nel futuro, tutti saranno famosi per quindici minuti.” Solo che ora quei quindici minuti sono sempre una cover di “Perfect” di Ed Sheeran.

E poi ci sono i reality, dove anche il tuo barbiere può cantare.

Programmi come “X Factor”, “The Voice” o “Italia’s Got Talent” hanno dato vita a un miraggio collettivo: se ce l’ha fatta il vicino di casa che cantava “Caruso” sotto la doccia, perché non puoi farcela anche tu? Il motto sembra essere: “Non importa se non sei intonato, conta molto di più la storia strappalacrime che racconti in fase di audizione.”

Ad un concorrente Manuel Agnelli una volta ha detto: “Tu non canti le note, sono le note che ti supplicano di smettere.” Eppure, il fenomeno dilaga.

Il successo, ormai commisurato non più con la vendita di un disco, ma con l’ascolto di una traccia, ha generato l’illusione dello “Streaming facile”.

“Sai quanti soldi fanno su Spotify? Anch’io voglio provare!”. Che ingenuità. Il mito del guadagno facile con lo streaming è un altro motivo per cui il mondo sembra aver improvvisamente scoperto il proprio talento vocale nascosto. Peccato che nessuno legga mai la parte in cui si spiega che Spotify paga frazioni di centesimo per stream. Dopo aver caricato dieci singoli e ottenuto 300 ascolti (di cui 299 fatti da tua madre), capisci che forse non è esattamente una miniera d’oro.

Se Oscar Wilde fosse ancora tra noi potrebbe dire: “Ci sono due tragedie nella vita: non ottenere ciò che vuoi e riscuotere 0,0006 € a stream su Spotify.”

E poi diciamolo: questo benedetto ‘Auto-Tune è la “Democratizzazione della Mediocrità”

C’era una volta un tempo in cui per cantare serviva avere talento. Poi è arrivato l’auto-tune. Ora, anche se hai la voce di un tritone sbronzo, puoi suonare come un mix tra Adele e un robot da cucina di fascia alta. In sostanza, l’auto-tune è il “Photoshop” della musica: non importa quanto sei stonato, il pubblico potrebbe anche crederti bravo.

Perché più auto-tune hai nella voce, più profonda sarà la connessione emotiva che crederai di avere col pubblico.

Mi sono convinto di una cosa…

Cantare è semplicemente diventato il modo in cui affrontiamo l’ansia e la complessità del mondo moderno. Non importa se la tua performance è degna di Sanremo o di una sagra di paese: per molti, cantare è una valvola di sfogo. Certo, il problema nasce quando chi cerca una catarsi sonora decide di infliggerla a milioni di persone pubblicandola su YouTube.

Come quando Freddie Mercury cantava: “I’m gonna make a supersonic man (or woman) out of you.”

O almeno ce stamo a provà.

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