I maneskin si beccano 4 nomination al prossimo MTV EMA Awards che si terranno il prossimo 5 novembre a Parigi. Tra le 4 categorie in cui vengono nominati troviamo anche “Best Rock”.
Alla notizia insorgono le figlie di Grohl dei Foo Fighters e del mai dimenticato Cornell e scrivono: “i Maneskin rock? Ah ah ah …” (vedi articolo di @rockol del 17 settembre scorso).
E allora parliamone ancora una volta.
I Maneskin sono un FENOMENO fatto da 4 NON FENOMENI, o perlomeno questo pare essere il pensiero condiviso dai più di fronte alle gesta che stanno ogni mese rendendo sempre più celebri nel mondo questi 4 ragazzi. Tralasciando infatti i successi sanremesi ed europei, i Maneskin sono già da anni in cima agli ascolti di Spotify.
Ma che cos’hanno di speciale i Maneskin per essere arrivati a questi livelli? È stata fortuna, talento, una combinazione del tutto o forse esiste davvero qualcuno di così tanto potente da riuscire a spingerli in vetta?
Per esperienza personale posso dire che a fine 99 mi ritrovai a dover gestire un fenomeno mediatico imprevisto, i Lunapop, coi quali dal nulla producemmo un album d’esordio che risulta essere a tutt’oggi il quinto disco più venduto nella storia della musica italiana di sempre, più di qualsiasi disco di Battisti, Vasco o Battiato.
Da una ipotesi di tour di concerti gratuiti nelle piazze, fummo simpaticamente costretti a fare dello “Squerez Tour” un insieme di live negli stadi a pagamento. In quel periodo in molti accusavano questa band di ragazzini di essere un fenomeno mediatico costruito a tavolino, ma io che ero dietro a questa macchina posso dire che per quanto si possa essere stati bravi nel produrre e promuovere un tale fenomeno, senza l’elezione popolare scatenata dal passaparola, non saremmo mai arrivati a certi livelli.
I Maneskin hanno assonanze di delirio coi miei ragazzi di vent’anni fa, ma uno spessore espositivo ed un interesse mediatico ben più ampio rispetto ai Lunapop coi quali rimanemmo confinati all’Italia, nonostante qualche tentativo in Spagna grazie alla Blanco Y Negro e poco altro.
Se vogliamo provare a dare una spiegazione al successo dei Maneskin, occorre analizzare i tempi che stiamo vivendo. Quando si raggiungono questi traguardi occorre saper riconoscere il livello di talento (per la verità apparso evidente già dalle prime esibizioni a X Factor), ma anche accettare la buona dose di fortuna che interviene posizionando i nostri eroi al “posto giusto nel momento giusto”.
Se è vero che a fine anni 90 coi Lunapop ci ritrovammo a fare i conti con una commistione di brani scritti da Cremonini e dunque di ispirazione brit-pop conditi da pause smaccatamente anni 60, coi Maneskin dobbiamo allargare il raggio d’azione e guardare oltre confine dove appare evidente quanto la cosiddetta Generazione Z insegua un rock anni 90 sporco e cinico e dunque distante dalle zeppe ed i pantaloni a zampa d’elefante esibiti dai Maneskin che potremmo associare nel mondo a progetti tipo Greta Van Fleet, Struts o poco altro. I mercati anglosassoni sono abituati a soluzioni artistiche di questo tipo, ma l’avvento dall’Italia di una band come i Maneskin ha suonato un po’ come il classico “schiaffone prima ancora di poter iniziare a parlare”.
E allora? E allora sta a vedere che questa band ha prodotto così tanto successo in tutto il mondo proprio grazie e non a causa di questa italianità un tempo così bistrattata ed ora improvvisamente salita di moda !!!
Considerando quanto si stia cavalcando in questi mesi una immagine di “risollevamento” dell’Italia nostra che, dopo la Cina, era stato il primo Paese ad essere colpito dalla pandemia, potremmo quasi affermare che i Maneskin si stanno ergendo come testimonial mondiale di questa nostra “rinascita culturale ed artistica”.
Per riuscirci è fondamentale mostrarsi come simbolo di rottura rispetto alla nostra tradizione, con un rock per tutti distante da inclinazioni politiche tipiche del cantautorato impegnato, con altresì energia, spirito ribelle e musica potente. C’è da dire che, pur apparendo sempre semplici e simpatici, i Maneskin si sono da subito esposti sostenendo l’emancipazione dei diritti LGBTQIA+ e schierandosi apertamente a favore della lotta contro omofobia, razzismo, sessismo o qualsiasi altra discriminazione di genere.
Il fatto che i Maneskin, al di là dei suoni duri, mi appaiano un po’ come i vicini di casa ai quali poter chiedere tranquillamente il sale se l’ho terminato, mi convince che dietro al loro successo non vi sia alcun complotto. In fondo fenomeni del genere in altri paesi sono all’ordine del giorno. Un paio di anni fa manco sapevamo chi fosse Olivia Rodrigo ed ora la celebriamo come l’artista che ha ottenuto più ascolti su Spotify nell’ultimo anno solare.
Io ho vissuto il fanatismo ed il delirio mediatico dietro ad un gruppo di ragazzini a fine secolo scorso e da quella esperienza ho capito che Il successo di un artista, così come l’esplosione di qualunque fenomeno culturale, è spesso il risultato di un incrocio di circostanze complesse da afferrare nella loro interezza. E raramente viene deciso da uno stretto numero di persone.
I Maneskin si meritano dunque questo successo? Al di là di quel che è il mio parere, penso che stia un po’ ad ogni ascoltatore deciderlo. Quel che è certo è che l’ingenuità nell’approccio alla musica dal basso ha sicuramente contribuito. Per un panorama musicale più variegato occorrono ascoltatori più curiosi.
E allora sta a vedere che alla fine è tutto merito di Spotify.