Era il 5 marzo 1898 quando Guglielmo Marconi depositò la prima richiesta di brevetto sulla nuova invenzione. All’inizio la radio fu vissuta con sospetto: un apparecchio che a differenza del telegrafo, permettesse di poter ascoltare conversazioni fino ad allora ritenute private era un fatto che lasciò la popolazione parecchio interdetta. Negli anni 20 invece si pensò ad una radio ad uso civile, anche nelle università e nelle biblioteche, per dire.
La prima stazione radio ufficiale nacque nel 1919 nel garage di tale Frank Conrad che si buttò anche nel commercio dei ricevitori. Del fatto si accorse la Westinghouse che utilizzò la sua catena di montaggio per creare radioricevitori in serie ad uso domestico. Fu creata la stazione radio KDKA, affidata al solito Conrad, che il 2 novembre 1920 trasmise il secondo turno delle presidenziale americane ad una audience composta da circa 1000 utenti.
Il primo ricordo che ho io della radio, è quello di programmi domenicali, tipo Gran Varietà, con le voci di Johnny Dorelli, Paolo Panelli, Bice Valori e Catherine Spaak. Con Alto Gradimento si raggiungevano picchi inarrivabili di radio e il venerdì sentivo Lelio Luttazzi lanciare il grido “Hiiiiiiiiit Paraaaaaadeeeee”.
Col tempo non resistetti all’impulso di metterci un piede dentro e a 16 anni mi permisero di sedere dietro ad un microfono. Il direttore voleva suonassi i cantautori, ma spesso e volentieri di nascosto mettevo “Psycho Killer” dei Talking Heads. Ci fu anche una fase in cui mi fecero capo programmatore ed iniziai a ricevere i primi promoter che provavano a convincermi quanto le loro produzioni fossero le migliori del mondo. “Come lo fanno male”, pensai, e così nel 1988 decisi di passare dall’altra parte della barricata. Ero già stato un cow boy e quando passai con gli indiani sentivo di aver capito come colpire gli sporchi yankee.
Era una radio bella quella dei primi anni 90, una radio dove la musica era un elemento preponderante e dove chi entrava in onda ancora decideva cosa suonare. La musica era un elemento preponderante della sua programmazione ed in noi utenti esisteva la voglia di accendere la radio per ascoltare la MUSICA.
Nel nuovo millennio i programmatori radio sono stati fatti oggetto di discussione da parte di tutti e sono diventati i personaggi in radio più bersagliati da critiche. E lo sono tutt’ora. Un programmatore alla radio è un po’ come il signor Malaussene di Pennac, che di mestiere faceva il “caprio espiatorio” all’interno dei grandi magazzini. Quando c’era una protesta da parte di un cliente, tutti a scaricare le colpe su Malaussene. I programmatori musicali delle radio sono perennemente vessati da noi promoter che a seconda dei rapporti instaurati pensiamo di avere più o meno chances di riuscire a raggiungere i nostri obietti: i benedetti e tanto agognati passaggi radio delle nostre canzoni. Gli speaker non scelgono la musica dei loro programmi, e quando si ritrovano un brano “discutile” in onda, non perdono occasione per farsi un giro in sala programmazione per protestare sulla scelta. Gli editori analizzano i dati di ascolto e se si accorgono che gli ascolti sono in calo, ecco che immediatamente intervengono sulle scelte musicali convocando all’istanet all’ultimo piano il programmatore di turno. Non ho mai capito perché se una radio perde ascolti, la prima cosa che fa è restringere la scelta musicale a solo 20 successi relegando al resto della programmazione una scelta limitata al passato.
Questa linea editoriale comune, ha contribuito a uniformare le scelte musicali in radio, rendendo le emittenti tutte uguali sotto questo punto di vista. Certo ora, se siete arrivati a questo punto nella lettura dell’articolo, sosterrete che nella vostra radio non è così, che da voi è diverso e che date spazio anche alle realtà emergenti. E magari è anche vero, ma credetemi, nella stragrande maggioranza della radiofonia funziona così. A tagliare definitivamente la testa sono accorse le piattaforme di streaming legale che le radio utilizzano per intuire il gradimento o meno sui brani, ma che in cuor loro detestano perché hanno capito che ora se un utente vuole ascoltarsi i Genesis o i PInk Floyd, potrà farlo sintonizzandosi sul proprio profilo Spotify e tuffandosi nella propria playlist personale, senza dover più accendere la radio. Per questo motivo la differenza negli ascolti radio la fanno la potenza del segnale e la qualità dell’intrattenimento informativo, giacché le canzoni che sentirete, saranno più o meno uguali da stazione a stazione.
Perciò cara Radio, attendiamo il 13 febbraio per poterti celebrare come il mezzo più fascinoso di sempre, ma temo che ormai la musica non è più tanto affar tuo.